O la Repubblica, o il Caos
Il referendum istituzionale del 1946, si tenne nei giorni del 2 e 3 giugno. Un milione e mezzo di italiani non ammessi al voto: non poterono esprimere la loro opinione coloro che, a causa della guerra, si trovavano ancora al di fuori del territorio nazionale, coloro che prima della chiusura delle liste elettorali si trovavano ancora al di fuori dell’Italia e i cittadini residenti nella provincia di Trento (tranne pochi paesi) e nei comuni di Gorizia, Trieste, Pola, Fiume e Zara, in quanto oggetto di contesa internazionale, per un totale di 1.625.000 elettori. Le autorità dell’epoca fecero sapere che questi Italiani avrebbero votato in seguito, ma la promessa fu vanificata.

Una volta terminate le operazioni di voto, tutte le schede furono trasferite nella Sala della Lupa a Montecitorio dove, in presenza della Corte di Cassazione, degli ufficiali angloamericani e dei giornalisti, iniziò lo spoglio. Il 4 giugno l’Arma dei Carabinieri comunicò a papa Pio XII che la monarchia si avviava a vincere e il giorno successivo Alcide De Gasperi annunciò a re Umberto II che gli Italiani si erano espressi a favore della forma monarchica; a conferma di ciò giunsero a Roma i rapporti dell’Arma provenienti dai seggi che confermarono la vittoria della monarchia. Tuttavia nella notte tra il 5 e il 6 giugno i risultati si capovolsero con l’immissione di una valanga di voti di dubbia provenienza, tanto che analisi statistiche successive evidenziarono come il numero delle schede votate era di gran lunga superiore a quello dei possibili elettori. Si avviò allora un profondo scontro tra i servizi segreti americani (favorevoli alla repubblica) e quelli inglesi (inclini alla monarchia), mentre le truppe del maresciallo Tito si dichiararono pronte a superare il confine nel caso in cui la forma repubblicana non avesse prevalso. Contemporaneamente furono avviati migliaia di ricorsi per chiedere un conteggio più attento delle schede elettorali.

“ O la Repubblica, o il caos”
( Pietro Nenni)
Il 10 giugno la Corte di Cassazione proclamò i risultati: 12.672.767 voti per la repubblica e 10.688.905 in favore della monarchia. Il verbale tuttavia si concludeva precisando che la stessa Cassazione avrebbe reso in altra sede il parere sulle contestazioni e i reclami presentati presso gli uffici delle varie circoscrizioni, nonché circa l’esito definitivo del voto. Di fronte alla notizia che la Repubblica aveva prevalso, in molte città del Sud, territorio dove la Monarchia aveva raggiunto un risultato solido, scoppiarono proteste e tafferugli: celebre l’episodio avvenuto a Napoli dove un corteo cercò di assaltare la sede del PCI in via Medina per togliere una bandiera tricolore senza lo stemma sabaudo e la polizia aprì il fuoco uccidendo nove manifestanti e ferendone un centinaio.
Sempre il 10 giugno in serata, si svolse un drammatico Consiglio dei ministri. Cattani disse che bisognava verificare bene i risultati. Togliatti replicò a muso duro che «forse» le schede erano già state distrutte. Così chiuse ogni discussione. In effetti sin dal 4 giugno decine di migliaia di cittadini denunciarono di non aver potuto votare. Molti non avevano ricevuto i certificati, altri scoprirono che qualcuno aveva già votato a nome loro e furono allontanati dai seggi. A migliaia gli analfabeti dichiararono di essere stati ingannati: avevano domandato come si votasse per la monarchia e i presidenti di seggio avevano detto che dovevano fare una croce sulla «regina», che in realtà era il simbolo della Repubblica.

“Certamente fu determinante il fattore tempo. Se si fosse aspettato a votare, quasi sicuramente avrebbe vinto la monarchia, una istituzione che nell’Italietta del 1946 ancora affascinava”.
( Giuseppe Romita)
Dopo giorni di tensione, alle 0.30 del 13 giugno, pressato dal Consiglio dei ministri e col voto contrario del solo Cattani, De Gasperi assunse i poteri di capo dello Stato. Il Re denunciò il «gesto rivoluzionario» del governo dichiarando:
“Questa notte, in spregio alle leggi ed al potere indipendente e sovrano della magistratura, il governo ha compiuto un gesto rivoluzionario assumendo, con atto unilaterale e arbitrario, poteri che non gli spettano e mi ha posto nell’alternativa di provocare spargimento di sangue o di subire la violenza“
Avvenendo in piena notte l’ assunzione dei poteri da parte di De Gasperi, il primo governo repubblicano mise gli italiani di fronte il fatto compiuto.
A fronte di questa situazione di disordine e sangue il Re Umberto II decise di partire per il Portogallo pensando di soggiornarvi il tempo necessario per far calmare gli animi e far chiarezza sull’accaduto. Ma questa partenza si trasformó seduta stante in un esilio, giustificato solo dalla paura dei nuovi dirigenti repubblicani di doversi confrontare di nuovo con il Re e la questione referendaria.
“Mai si parlò di esilio, da parte di nessuno.
Né mai, io almeno, ci avevo pensato”
( Re Umberto II )
Ad oggi la salma di Re Umberto II, per inspiegabili motivi si trova fuori dai confini nazionali…evidentemente la Repubblica italiana non si è ancora rappacificata con la verità.

