Un popolo anestetizzato

Quando ci si riferisce agli italiani con il termine di “popolo” qualcosa nelle nostre coscienze stride.  Spesso un’espressione di sfiducia o un commento a bassa voce smascherano la consapevolezza di un vuoto semantico nei confronti di un termine, che non trova riscontro nella realtà e nella vita concreta del Paese.

Rispetto ai “nostri vicini di casa”, l’Italia ha una storia unitaria storicamente irrisoria. 

Paesi come Regno Unito, Francia, Spagna o Austria, possono vantare una storia nazionale millenaria nella quale, nonostante invasioni, crisi e rivoluzioni, la Corona è sempre stata la causa identitaria ed il collante socioculturale di questi popoli e, anche quando la storia ha deposto le corone, queste hanno continuato ad unire i cittadini attraverso la memoria storica ed il sentimento patriottico ormai ben radicato. 

Queste caratteristiche non appartengono all’Italia, la quale non poteva dirsi una Nazione fino a poco meno di centosettant’anni fa, ma solo un territorio con un patrimonio culturale ed artistico parzialmente condiviso.

 Gli unici capitoli storici che effettivamente appartengono al “popolo italiano” sono il Risorgimento e l’unità d’Italia con il suo Regno. Una manciata di anni insufficienti per affrancare un’identità nazionale, ma anche gli unici a cui possiamo far riferimento parlando di “Italia”. Finalmente, dopo secoli di invasioni, repubbliche, regni e ducati in guerra tra loro, nel 1861 l’Italia potè godere di una bandiera comune, una costituzione condivisa e una Corona nella quale riconoscersi come unico organismo, iniziando a maturare un’italianità grazie all’istituzione monarchica.  Ignorando l’importanza antropologica e sociale di questi eventi e di questi simboli, nel 1946 con il referendum costituzionale, si pretese di poter continuare a governare un popolo semplicemente passando da una forma di Stato ad un’altra senza causare ripercussioni. Cancellare, o peggio demonizzare ciò che aveva reso un territorio geografico una Nazione e passare a qualcosa di nuovo, politicizzato e privo di ogni riferimento storico ha causato con il passare degli anni, la formazione di una coscienza nazionale distorta e dissociata.

 I risultati oggi sono davanti agli occhi di tutti, o almeno di tutti quelli che lo possono e vogliono ammettere. In quasi ottant’anni di Repubblica il popolo italiano è tornato a reclamare l’indipendenza dei propri campanili, addirittura rispolverando le vecchie effigi di antiche identità pre-risorgimentali e, parlare di bandiera, di inno nazionale, di costituzione e di Italia è poco più che retorica sfoderata per addolcire qualche competizione sportiva o risvegliare un popolo sfiduciato ogni 2 di giugno.

 Questo sfaldamento fisiologico è stato per di più accelerato da politiche formalmente contrarie alla direzione unitaria, come le autonomie territoriali e regionali che ormai si traducono nel “devi farcela da solo” e all’assorbimento inerme e sconsiderato del nostro Paese in quel “magma” indefinito e spersonalizzante chiamato Unione economica Europea.

In tutto questo: gli italiani?

Una fetta del Paese, che non ha mai nascosto dal ‘46 la sua ostilità ad un’identità nazionale, non solo nuota serena in queste acque torbide tra una bandiera rossa e una bandiera europea, ma alimenta questa divisione continuando a proporre direzioni culturali e politiche contrarie ad un consolidamento identitario italiano.

Il resto della popolazione invece?  E’ incredibilmente anestetizzata ed impaurita.

Una sonnolenza tattica, egoistica e di sopravvivenza non è una novità negli italiani che, se al bar con gli amici ammirano tracotanti il “carattere rivoluzionario” dei francesi quando scendono in piazza per manifestare contro un’ingiustizia politica, poi nella vita reale preferiscono fare “spallucce” per arrivare in santa pace a fine mese senza tanti problemi e con lo sguardo fisso al “proprio orticello”.

Questa passività individualistica, però, a lungo andare costerà cara al nostro popolo, perché la decisione di non agire come italiani per paura di ripercussioni e per mancanza di fiducia nella comunione con i propri connazionali, porterà alla scomparsa di una voce comune e la possibilità di usarla come diritto democratico, Non basteranno le lamentele davanti ad un Tg, né un sonoro post sui social; se non impareremo a sentirci uniti come un unico popolo daremo tacitamente il permesso di farci manipolare a piacimento. 

L’unità di popolo, infatti, non è un mero ideale da cantare negli inni o nei discorsi presidenziali, ma uno strumento necessario per equilibrare, limitare ed indirizzare tutte quelle scelte che la politica, a volte per errore, a volte per bieco interesse, mette in atto nei confronti del Paese e dei cittadini.

Unità significa lavorare insieme per il proprio Paese, nonostante le differenti vedute politiche, partitiche e geografiche ed essere consapevoli che, nonostante le differenze, si appartenga tutti ad un’unica realtà condivisa e da proteggere gelosamente. 

Alla luce di ciò che abbiamo scritto, la strada da percorrere per tornare ad essere un’Italia unita, una democrazia garantita fatta dal popolo e per il popolo, è quella che conduce all’unica istituzione in grado di rendere un territorio geografico una Nazione attraverso il suo innato simbolismo: la monarchia.

Questa forma di Stato, infatti, per quanto lo si voglia negare, è tra tutte le altre possibilità l’unica in grado di suscitare unità e identità in un popolo. La Corona, superando la politica e i partiti, è la rappresentazione della Nazione, dei propri cittadini e la loro garanzia. I governi e i presidenti vanno e vengono, il loro “lavoro” ha un tempo definito dopo il quale ogni forma di responsabilità termina sia nel buon operato, sia nell’errore e nella catastrofe del Paese; rimane l’Italia, rimane la Corona ed il suo riferimento.

Quale vorremmo che sia il nostro futuro? Vogliamo continuare a scrollare le spalle sicuri di essere lasciati soli davanti alle ingiustizie e alle difficoltà, o decidere di uscire da questo stato di sonnolenza e sconforto? 

Un Italia differente, un’Italia unita e rappresentata da un’istituzione super partes che risponda esclusivamente al popolo è possibile, basta solo avere il coraggio di costruirla.

Questo è il sogno di Italia Sabaudia.

Lascia un commento

Scopri di più da Italia Sabauda

Abbonati gratuitamente ora per continuare a leggere e avere accesso all'archivio completo.

Continua a leggere